Calli su due dita e al sedere, troppe ore seduti a scrivere

Su una Olivetti come questa imparai a scrivere con due dita come faccio ancora oggi

Su una Olivetti come questa imparai a scrivere con due dita come faccio ancora oggi

di Nicola Sparano

Io ho due indici, come voi suppongo.

Il dito indice e' il secondo della mano, viene dopo il dito grosso e prima di quello che si alza per mandare qualcuno nel paese dei vaffa.

Sul mio indice destro e' cresciuto un callo, idem sul sinistro.

Gli altri sono restati come sempre ma senza escrenze cutanee supplementari.

Ma perche', vi starete chiedendo, questo animale umano (io) ha i calli soltanto su due delle dieci dita che la natura, il Padreterno, o tutti e due, gli hanno regalato?

La ragione sta tutta nella tastiera della sputaparole, la macchina da scrivere, quella di una volta e quella moderna, il computer.

Una volta, nei sotterranei della vitaccia mia, ero appredista librario.

Nel negozio si vendevano soprattutto testi della scuola media e delle superiori.

Io ero incaricato di tenere conto delle vendite, schedando titolo del libro, prezzo, nome e indirizzo dell'acquirente, se aveva pagato sull'unghia o se era da iscrivere nel registro dei paghero'.

A quei tempi riempire le cartellette di dati non era “social profiling”, il termine non era stato ancora inventato, in ogni caso a nessuno – polizia, banche, corporation o mariuli che fossero - interessava sapere nome, indirizzo e preferenze letterarie del popolo.

Ero incaricato di trascrivere i dati usando una matusalemme di Olivetti.

L'attrezzo in questione aveva una decina di tasti fuori linea.

Il nastro, poi.

Si inceppava appena si spingeva quella specie di non... mi ricordo come si chiama... che si doveva muovere per passare dalla riga appena scritta a quella sottostante da scrivere.

Il nastro era bicolore ed era, se il cervello non mi e' andato ancora in tilt, tifoso del Milan perche' era rosso sopra e nero sotto, o viceversa.

Quando si oggrovigliava era necessario intervenire con le dita, che regolarmente si sporcavano dell'inchiostro senza il quale sarebbe stato impossibile stampare le lettere sul foglio di carta inserito nel rullo.

Avuto l'incarico, dovevo svolgerlo.

C'era pero' un grosso problema, la macchina da scrivere l'avevo vista solo in fotografia e al cinema.

La gente del sud e' comunque abituata ad arrangiarsi, ed io pure.

Cosi' presi il toro per le corna, si fa per dire, e con l'indice destro diedi una botta secca al circoletto della tastiera che aveva la G in testa.

L'acquirente del testo di matematica della seconda media era lo scarparo Totonno Girolamo, che voleva far prendere la laurea al figlio Ciccio.

Con l'indice sinistro consegnai alla storia la seconda lettera, era la vocale I, del cognome del calazolaio.

Poi da indice ad indice completai la cartella.

Siccome il lavoro era venuto buono con tendenza alla perfezione, baciai la punta delle due dita e mi proposi di apprendere come fare ad usarle tutte e dieci contemporaneamente.

Con mio sommo imbarazzo, ancora non ci sono riuscito.
Eppure sono trascorse sei decadi, anno piu' anno meno.

La fortuna, alcuni direbbero il gran culo, mi ha poi fatto diventare reporter, oserei dire, se permettete, giornalista.

Cio' significa che ho sempre avuto rapporti intimi con le diverse sputaparole del momento (Olivetti, IBM e tastiera del computer).

Ma ho sempre scritto con due dita.

Mai pero' con la frequenza di questo fetentissimo anno che ha cambiato la vitaccia di tutti.

Di mattino, dopo una rapida occhiata ai girnali on line, resto al computer.

Apro il Word Processor.

Il marchingeno, non saprei come definirlo altrimenti, e' un quaderno virtuale con pagine quante ne vuoi, tutte senza righe e pronte all'uso.

Scrivere e' facile, basta avere qualcosa da dire.

Anche se a corto di idee, mi invento il soggetto osservando da casa mia quello che posso.

Ieri ho parlato delle luci intermettenti in una finestra (non sono andato ancora a bussare, sorry).

Domani, o chissa' quando, vi parlero' di Capitan Mike (ricordate il fumetto con il Dottor Salasso e Doppio Rum?) che sarebbe un raccoon che passa la giornata dormendo su un albero della ravine dietro casa.

Lo osservo col binocolo, cerco di capire se, e come, lo stramaledetto Covid ha cambiato la sua vita animalesca.

Non tanto, probabilmente.

Ma questo e' un argomento per il futuro, ora ho altri progetti diciamo letterari per le mani.

Ho iniziato, udite udite, un romanzo basato su un fatto di cronaca avvenuto a Toronto ne 1969.

Fino ad ora mi sono uscite dal cervello quasi venticinquemila parole.

Ne occorrono almeno altrettante.

Prima, pero', vado a fare una passeggiata solitaria nel parco sotto casa.

Cosi faccio contenta la signora e concedo un dovuto riposo ai calli degli indici e del fondo della schiena.

Ah, dimenticavo.

A me stare seduto ore ed ore indurisce, di fa per dire, quel posto dove i raggi del sole non arriverebbero mai.

Quanto e' duro il vostro sofa'?


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