1943-1944: Canada, Sangro, Moro e Ortona: dalla guerra all’emigrazione, al mito fondativo di una Nazione”

Il borgo di Treglie fu teatro della battaglia di Ortona (20-28 dicembre 1943 alla quale parteciparono le truppe canadesi della prima divisione di fanteria al comando del Generale Chrisopper Vokes. La feroce battaglia passata alla storia come la “Stalingrado Italiana”,lascio` sul terreno enormi perdite tra gli alleati e le truppe tedesche. Molti giovani soldati canadesi perirono e 1375 sono sepolti nel cimitero militare canadese di Ortona. L’associazione Paglieronese di Treglio da anni organizza una manifestazione per ricordare i tristi eventi della guerra ma anche il contributo dato dai giovani soldati canadesi le cui bianche croci nel cimitero militare canadese di Ortona testimoniano il sacrificio   personale liberare l’Italia e soprattutto per ricordare alle nuove generazioni di battersi per la pace e per evitare l’orrore delle guerre. Antonio Bini direttore editoriale di Abruzzo instancabile promotore dell’Abruzzo, della sua storia, cultura e tradizioni popolari nel mondo ha partecipato alla tavola rotonda del 13.12.2025 con l’interessante intervento di cui ci fa piacere pubblicare il testo.

di Antonio Bini

Il borgo di Treglie fu teatro della battaglia di Ortona (20-28 dicembre 1943 alla quale parteciparono le truppe canadesi della prima divisione di fanteria al comando del Generale Chrisopper Vokes. La feroce battaglia passata alla storia come la “Stalingrado Italiana”,lascio` sul terreno enormi perdite tra gli alleati e le truppe tedesche.

Molti giovani soldati canadesi perirono e 1375 sono sepolti nel cimitero militare di Ortona.

L’associazione Paglieronese di Treglio da anni organizza una manifestazione per ricordare i tristi eventi della guerra ma anche il contributo dato dai giovani soldati canadesi le cui bianche croci nel cimitero militare canadese di Ortona testimoniano il sacrificio   personale liberare l’Italia e soprattutto per ricordare alle nuove generazioni di battersi per la pace e per evitare l’orrore delle guerre.

Antonio Bini direttore editoriale di Abruzzo instancabile promotore dell’Abruzzo della sua storia, cultura e tradizioni popolari nel mondo ha partecipato alla tavola rotonda del 13.12.2025 con l’interessante intervento di cui ci fa piacere pubblicare il testo.

“Mi complimento innanzitutto con l’Associazione Paglieronese di Treglio per questa iniziativa che unisce memoria, storia e approfondimento culturale, in un contesto in cui siamo circondati da alcune foto che ci riportano a quel drammatico inverno 1943-44, insieme ad una piccola esposizione di reperti di guerra a cura dell’Associazione History Hunters Gustav Line. 

Prima di partecipare a questo evento ho inviato la locandina dell’iniziativa all’amico Odoardo Di Santo, giornalista, già deputato del parlamento dell’Ontario e tra i fondatori di Casa Abruzzo di Toronto, che mi scrive in data 12 dicembre: “E` interessante collegare le vicende dei soldati canadesi morti durante la guerra in Abruzzo con l'emigrazione. Quando ero a Roma si aveva l'impressione che ci fosse risentimento se non odio per i "nemici". Cosa che non si constatava in Canada dove personalmente e anche per esperienza nella comunità vedevo molta simpatia verso di noi. Durante la guerra 600 italiani fascisti furono inviati ad un campo di concentramento a Petawawa in Ontario (tra essi ci furono membri dei Sons of Italy. Gli italiani emigrati dagli anni Cinquanta si integrarono nella società canadese con il duro lavoro ed il rispetto delle leggi canadesi. Come sai costruirono materialmente le città (perché la maggior parte erano operai e braccianti agricoli). Trudeau chiese scusa agli italocanadesi perché` con la seconda generazione  sono divenuti parte integrante della società. Auguri a Treglio.”                                                                          

 

Proprio partecipando a voi il messaggio dell’amico Di Santo, mi sembra opportuno ricordare che

l’annuncio del 10 giugno 1940 dell’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania ebbe conseguenze non solo in Italia, ma anche per i nostri emigranti. 

Il governo canadese presieduto da William Lyon Mackenzie attuò subito le misure previste da una apposita legge (War Measures Act), con la applicazione di misure restrittive della libertà personale al fine di salvaguardare la sicurezza nazionale nei confronti di italiani, tedeschi e giapponesi (per questi ultimi dopo l’attacco di Pearl Harbour).                                                                    

31mila italo-canadesi furono dichiarati “alien enemies” e sottoposti a misure di polizia e restrizioni, circa 6mila persone furono imprigionati, oltre 600 persone furono deportate in campi di internamento, in particolare nel campo di Petawawa, in Ontario.  Tra loro sospettati di essere soltanto simpatizzanti o attivisti del fascismo, senza che avessero compiuto alcun reato. Alcuni appartenevano all’Ordine dei Figli d’Italia (ora Order Sons and Daughter of Italy), storica organizzazione sorta nel 1915, quando la presenza italiana in Canada iniziò ad assumere una qualche consistenza.

Per gli internati le conseguenze furono durissime. Privati della libertà, subirono anche la confisca dei beni. Drammatiche furono le conseguenze per le loro famiglie. Tra loro anche degli abruzzesi. Chi perse il lavoro non fu poi riassunto.[1] Gli altri furono sottoposti ad umiliazioni, vissero la diffidenza della popolazione.

Occorre anche considerare che molti italo-canadesi si arruolarono volontari nell’esercito canadese. Secondo il settimanale di Toronto “La Vittoria” (Victory), periodico antifascista diretto da don Augusto Bersani, uscito il 25 luglio 1943, la chiamata alle armi nelle file dell’esercito canadese riguardò 3000 italo-canadesi.

Non so se è stato possibile accertare la loro presenza in Abruzzo nel 1943-44, e nemmeno la presenza di civili rientrati in Italia per collaborare, grazie alla conoscenza della lingua inglese, con le truppe alleate della VIII Armata (il fenomeno è stato accertato nel caso di italo-americani, alcuni dei quali  si arruolarono tra le file della Brigata Maiella).

76 anni dopo la fine della guerra, il 27 maggio 2021, Il premier canadese Justin Trudeau chiese formalmente scusa innanzi al Parlamento canadese per l'internamento degli italo-canadesi, riconoscendo che a centinaia di persone fu negato un giusto processo.        

"Quando il 10 giugno del 1940 questa Camera dei Comuni dichiarò guerra al regime fascista di Mussolini in Italia, il Canada non dichiarò guerra anche agli italo-canadesi", spiegò. "Combattere il regime fascista che stava con la Germania nazista fu giusto ma incolpare gli italo-canadesi che rispettavano la legge fu sbagliato", ha aggiunto. Il premier ha ricordato che tra coloro che furono etichettati come "stranieri nemici" ci furono anche i genitori di Frank Iacobucci, ex giudice della Corte suprema canadese, il cui padre Gabriele era emigrato dall’Abruzzo nel 1922.  

La fine della guerra in Italia lasciò alle spalle morte e devastazione, in particolare nella nostra regione, come attestò l’Inchiesta parlamentare sulla miseria in Italia e sui mezzi per combatterla (1953). L’area di studio riferita agli Abruzzi e Molise, che allora costituivano una unica regione, fu elaborata da Benedetto Barberi, allora direttore generale dell’Istituto Centrale di Statistica. “La regione”, scrisse, “è fra quelle in Italia che tra la fine del secolo scorso e i primi decenni del secolo attuale ha alimentato il più grande flusso migratorio oltre oceano e verso altre regioni del Paese di persone non già alla ricerca, come talvolta si dice, delle comodità della vita cittadina ma perché strappate alla loro terra dai morsi della miseria, divenuta tiranna e soffocatrice della vita.”  A parte l’arretratezza dell’economia agro-pastorale, si individuarono tra le cause della miseria, “il naturale difetto di iniziativa”, l’individualismo, lo spirito associativo pressoché assente, invece molto presente tra gli italo-canadesi.       

Dopo la fine della Seconda guerra mondiale riprese in modo sostenuto il flusso migratorio degli abruzzesi verso alcuni paesi europei e verso il Canada, in particolare.

Da una stima di 150mila emigrati italiani, l’attuale presenza di emigranti dal nostro paese è stimata in 1,5 mln. Nella Greater Area di Toronto la presenza di abruzzesi non è molto lontana dalle 100mila unità. Virtualmente si tratta della seconda città abruzzese, considerando le realtà fuori dei confini nazionali.

Anche Treglio fu interessata da importanti flussi in uscita. Infatti, dalle statistiche disponibili è possibile riscontrare come tra il 1951 e il 1971, ci furono 20 anni di contrazione della popolazione, passata da 1122 nel 1951 ad un minimo storico di 769 abitanti nel 1971, anno che fa registrare una crescita continua, fino a raggiungere i 1725 abitanti di oggi. Una circostanza in controtendenza, alquanto unica per la nostra regione, che si è realizzata solo in qualche comune costieri, a fronte di un costante declino demografico delle c.d. aree interne.

Con la crescita del numero di italiani si è assistito al progressivo inserimento nella società canadese.

Nel lungo dibattito sul multiculturalismo, gli italiani rivendicarono in passato come il Canada fosse stato “scoperto” nel 1497 dal navigatore Giovanni Caboto, al servizio della corona britannica,  approdando all’isola di Terranova, il territorio più orientale del Canada (il suo nome fu poi inglesizzato in John Cabot).

L’8 ottobre 1971 il presidente Pierre Trudeau pronunciò in parlamento una dichiarazione sul multiculturalismo, lungimirante visione e fondamento del Canada del futuro, andando oltre gli storici blocchi francofono e anglofono. Il multiculturalismo, annunciato come politica ufficiale del governo, era inteso a preservare la libertà culturale di tutti gli individui e a riconoscere i contributi culturali dei diversi gruppi etnici alla società canadese destinati a far parte integrante del Canada.

Il ‘mosaico’ canadese, scrisse Alberto Di Giovanni, “cominciò a diventare il filo conduttore di una diversa concezione dell’immigrazione e l’affermazione di una innovativa politica nazionale”.[2].

L’orizzonte del multiculturalismo attuato con il programma “Multiculturalism in action” venne progressivamente realizzato, permettendo anche l’integrazione della cultura italiana, attraverso una immigrazione più consapevole, propensa all’integrazione, che favorì lo stesso sviluppo del Canada.

Oggi il Canada è da considerare tra i paesi dove risulta maggiormente positivo e consolidato l’inserimento sociale ed economico degli italiani. 

Negli ultimi anni avverto un maggiore interesse verso la conoscenza del fenomeno della nostra emigrazione, finora poco conosciuto e studiato. La recente esperienza del progetto “Radici/Roots”, iniziativa di ricerca sulla comunità pretorese di Ottawa, che conta più di tre volte il numero degli attuali residenti in Pretoro, costituisce, a mio parere, un esempio da seguire, per favorire la reciproca conoscenza, presupposto per lo sviluppo di più ampie relazioni.

 

  • Direttore editoriale del bimestrale Abruzzo nel Mondo – www.abruzzomondo.it

 

 

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