John Iaboni, l’unico amico tra i “nemici” del calcio

(Il giornalista di lungo corso con i suoi pezzi in inglese si e’ sempre battuto, superando pregiudizi e malignita’, per far perdere al soccer lo stigma della bush league. Andra’ sul Wall of Fame nella cerimonia del 26 aprile).

*Nelle foto, John Iaboni ieri all'inizio della carriera e oggi tra l'ex grande portiere dei Maple Leafs, Johnny Bowere portiere dei Maple Leafs, Johnny Bower, e l'ex grande centrale dei Cosmos, Bob Iarusci.

di Nicola Sparano



Si e’ battuto per il soccer quando tutti i suoi colleghi lo consideravano la sport dei poveracci.
John Iaboni era il solo tra i media di lingua inglese che ha scritto, bene e senza pregiudizi, contribuendo al salto di qualita’ che il pallone ha fatto in Canada da sport di bush league a calcio vero.
Solo contro tutti ha lottato dalle retrovie, descrivendo personaggi e partite con con obiettivita’, competenza e onesta’ professionale.
“Fiercely Canadian, Proudly Italian” John Iaboni puo’ identificarsi con il motto “fieramente canadese, orgogliosamente italiano” del fondatore del Corriere Canadese originale, Dan Iannuzzi.
Quando ai Giochi Invernali di Torino (2006) ci fu il passaggio di consegne tra Italia e Canada, John Iaboni non resse all’emozione e pianse.
Il veterano giornalista italo-canadese in quell’occasione commentava per la tv di stato CBC i Giochi che da Torino sarebbero passati a Vancouver nel 2010.
“Mentre il sindaco di Torino dava la bandiera olimpica al primo cittadino di Vancouver non ressi all’emozione. Stavo assistendo al passaggio delle consegna dalla terra d’origine dei miei a quella dove ero nato. Fu un momento bellissimo – il passato ed il presente a braccetto - e non mi vergogno a dire che piansi in diretta”.
John ha scritto e parlato di sport per mezzo secolo.
Il suo primo amore fu l’hockey, ma nel suo quartiere (Dufferin&St. Clair) e nella sua scuola (Oakwood Collegiate) andava forte soprattutto il calcio.
Aveva 20 anni quando nel 1971 dal Telegram nacque il Toronto Sun, in quella sala-parto c’era anche lui, il giovane reporter le cui radici erano nel Lazio.
La sezione sport del nuovo quotidiano era diretta da George Gross, nato e cresciuto in Cecoslovacchia.
Il “Barone” era un uomo di calcio, ma allora per i media in lingua inglese il soccer era considerato sport da bush league.
“Era lo sport degli emigranti, dei poveracci – ricorda Iaboni – al calcio veniva dato spazio e risalto soltanto se c’erano incidenti, invasioni, botte, cariche di polizia. Ricordo che mi mandavano a seguire Croatia-White Eagles perche’ finivano sempre con colossali azzuffate. Poi per fortuna le cose sono cambiate…”.
“Il soccer oggi e’ diventato sport di prima fascia perche’ i media – giornali e tv – hanno scoperto che il calcio tira a livello di audience e sponsorship. La grande svolta fu nel 1982, con la fantastica, gigantesca festa senza alcun problema, con la quale fu celebrata a St. Clair la vittoria dell’Italia. Da quell’anno in poi si capi’ che il calcio era in tutti i sensi “the beautiful game”.
“Gli italiani di prima, seconda e terza generazione sono tra i primi artefici della graduale popolarita’ del calcio. Io sono cresciuto calcisticamente scrivendo di talenti locali come Bob Iarusci e Carmen Marcantonio che da St. Clair hanno raggiunto New York e Washington. E’ stato Fiorigi Pagliuso che mi spiegava il calcio in modo semplice e comprensivo e del perche’ certe partite andavano in un certo modo”.
“Ed e’ anche grazie ai ragazzi cresciuti e diventati star nei vivai italiani di Toronto che il calcio ha preso il posto che si merita anche a Toronto, in Ontario e in tutto il Canada”, osserva Iaboni.
Un bel po’ del merito, aggiungiamo noi, va anche a lui per aver lottato pro calcio contro i pregiudizi.


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