Mark Carney, quello delle crisi

Il leader dei Liberali canadesi ha vinto le elezioni e resterà primo ministro: ora gli tocca fare i conti con Donald Trump

Articolo pubblicato dal quotidiano on line IL POST

Mark Carney festeggia la vittoria elettorale, 29 aprile 2025 (Sean Kilpatrick/The Canadian Press via AP)

Quando nel 2012 gli chiesero se fosse interessato a una carriera politica in Canada, Mark Carney disse: «Perché allora non diventare un clown al circo?». Carney al tempo era il governatore della banca centrale del Canada (la Bank of Canada) e uno degli amministratori economici più rispettati del mondo. Da anni il Partito Liberale canadese, di centrosinistra, cercava di convincerlo a candidarsi, ma lui si era sempre negato. Tredici anni dopo le cose sono molto cambiate: lo scorso marzo Carney è diventato leader del Partito Liberale, prendendo il posto di Justin Trudeau, e ieri ha vinto le elezioni federali confermandosi primo ministro.

Quella appena vinta da Carney è stata la prima campagna elettorale della sua vita. È considerato da molti un amministratore competente e autorevole, ma il suo potenziale politico non era ritenuto particolarmente rilevante: molti lo definiscono il perfetto tecnocrate, preparato ma poco adatto al lavoro di costruzione di rapporti e di empatia necessario per vincere un’elezione politica. Ci è riuscito sfruttando la sua solida esperienza nelle istituzioni, e mostrandosi come la persona migliore per guidare il paese in un momento di crisi.

Carney è nato nel 1965 a Fort Smith, nel Canada settentrionale, un posto dove la media delle temperature in inverno è di circa -20°C. La sua carriera accademica e professionale è sempre stata brillante: ha studiato Economia a Harvard, negli Stati Uniti, e poi a Oxford, nel Regno Unito, dove ha ottenuto anche un dottorato. Dopo l’università ha avuto vari ruoli nella banca d’affari americana Goldman Sachs, per poi cominciare poco dopo una carriera nelle istituzioni pubbliche che di fatto non è mai terminata. Nel 2003 fu nominato vicegovernatore della Bank of Canada; l’anno dopo, viceministro delle Finanze del paese.

Mark Carney e Mario Draghi nel 2015, quando uno era governatore della Bank of England e l’altro della Banca centrale europea (AP Photo/Kirsty Wigglesworth)

Nel 2008 divenne governatore della Bank of Canada, proprio all’inizio della peggiore crisi finanziaria degli ultimi decenni. La crisi, cominciata negli Stati Uniti nel settore delle banche a causa del crollo del mercato immobiliare, si estese a tutto il mondo e provocò un rallentamento generalizzato della crescita e un aumento della disoccupazione. Il Canada gestì la situazione molto meglio di altri paesi sviluppati, e Carney fu piuttosto apprezzato per essere riuscito a stabilizzare i mercati.

Grazie anche a questo successo, nel 2013 fu nominato governatore della Bank of England, la banca centrale del Regno Unito: fu il primo cittadino non britannico a ricoprire questo ruolo. Quando l’allora Cancelliere dello Scacchiere George Osborne annunciò la sua nomina, lo definì «il miglior banchiere centrale della sua generazione». Carney è il primo e finora l’unico ad aver governato due banche centrali di due paesi del G7.

Da governatore della Bank of England dovette gestire il fallito referendum per l’indipendenza scozzese del 2014, ma soprattutto Brexit, cioè l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Durante la campagna referendaria per Brexit, Carney fece capire (seppure senza mai fare un chiaro endorsement) di essere favorevole a rimanere nell’Unione, sostenendo che Brexit avrebbe provocato enormi danni all’economia britannica. Il parlamentare Conservatore Jacob Rees-Mogg, uno dei leader del movimento a favore di Brexit, definì Carney «il gran sacerdote» del movimento anti Brexit.

Carney ha descritto il giorno successivo al referendum per Brexit (vinto come sappiamo dai favorevoli all’uscita dall’Unione Europea) come «il più difficile» della sua carriera. La sterlina crollò e ci fu uno shock economico di cui il Regno Unito risente ancora oggi. L’operato di Carney fu comunque piuttosto apprezzato: ancora una volta fu ritenuto un amministratore responsabile e brillante, capace di gestire nel miglior modo possibile anche le crisi peggiori.

Carney alla prima conferenza stampa dopo Brexit, il 30 giugno del 2016 (AP Photo/Matt Dunham, Pool)

Lo scorso marzo è con questa immagine che Carney si è presentato alle primarie del Partito Liberale canadese, e poi alle elezioni politiche. «Se non ci fosse una crisi, non sarei qui», ha detto. «Io sono utile soprattutto durante una crisi, in tempo di pace non sono altrettanto bravo».

Carney si riferiva a due crisi. La prima è quella delle relazioni tra Canada e Stati Uniti, cominciata con l’inizio del secondo mandato di Donald Trump. Trump ha imposto pesanti dazi contro il Canada, e in più di un’occasione ha usato una retorica minacciosa verso il paese, dicendo per esempio che dovrebbe diventare il 51esimo stato statunitense (l’ha ripetuto perfino lunedì, mentre era in corso il voto). L’altra crisi è quella del Partito Liberale, che alla fine dell’anno scorso era in grande svantaggio nei sondaggi, a causa soprattutto dell’impopolarità di Trudeau.

In una brevissima campagna elettorale Carney è riuscito a colmare l’enorme svantaggio che aveva nei confronti dei Conservatori (24 punti percentuali) e a vincere le elezioni, sfruttando i suoi punti di forza. Da un lato ha valorizzato la sua esperienza per mostrarsi come la figura migliore per guidare il Canada in un momento di difficoltà. Dall’altro ha criticato gli attacchi di Trump contro il Canada, presentandosi come un leader capace di affrontare fermamente il presidente statunitense. Questo è stato particolarmente apprezzato dai cittadini canadesi.

C’è anche un terzo fattore che ha favorito la vittoria di Carney: nel suo breve periodo di governo in sostituzione di Trudeau, ha spostato il Partito Liberale molto al centro. Parte delle ragioni dell’impopolarità di Trudeau era che le sue politiche erano percepite dalla popolazione, a torto o a ragione, come troppo di sinistra. Il suo governo, per esempio, impose una tassa sulle emissioni ambientali che era molto lodata dagli attivisti, ma poco amata dalla popolazione. Carney, appena entrato in carica, l’ha eliminata, anche se in passato si era detto favorevole a misure simili.

Parlando del suo approccio politico, Carney ha detto di essere un «pragmatico». Il suo primo e più difficile compito sarà negoziare un accordo commerciale con Donald Trump per eliminare o almeno limitare le conseguenze della guerra commerciale avviata con i dazi.

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