Terzigno come Solopaca, bloccato treno affollato

La stazione di Solopaca come era nel 1962….

(Nel 1962 la prima protesta del genere sulla tratta Caserta-Benevento, protagonisti gli studenti di Telese. Il racconto del Cantastorie Riccard Affinito)

La notizia che ieri alcuni passeggeri hanno bloccato il terno sulla linea Terzigno-Pozzuoli perche’ troppo affollato mi ha ricordato quando avvenne a Solopaca la bellezza di 62 anni fa. Anche allora il treno Caserta-Benevento era troppo  affollato di studenti che andavano a scuola nel capoluogo. Anche allora si cerco’ prima con le buone chiedendo piu’ volte alle autorita’ di aggiungere due vagoni (allora i depositi ne erano pieni, inutilizzati, erano vecchi, scomodi, sedili di legno) poi si passo’ alla protesta bloccando il treno proprio come a Terzigno.

Sull’episodiodi di quell’inverno del 1963 il “cantastorie” della vecchia Telese, Riccardo Affinito, scrisse un articolo pubblicato su Vitelese il 12 ottobre del 2012 intitolato “E il treno si fermo’ a Solopaca”, che qui vi proponiamo.

 

di Riccardo Affinito. 

…Era una fredda e umida mattina d’inverno.  

La nebbia telesina, contrariamente alla più nota nebbia del Carducci, appariva pesante, anziché salire verso gli irti colli ti teneva schiacciato per terra e ti entrava dappertutto. A cinquant’anni di distanza, ancora ho il ricordo del suo odore nelle narici.

Alzarsi la mattina così presto era già di per se stesso uno stress che ti accompagnava per tutta la giornata; se poi a questo ci aggiungi che i treni pendolari della tratta ferroviaria Napoli – Benevento erano composti dai cosiddetti “carri bestiame” e che oltretutto arrivavano in misura insufficiente, si può avere l’idea “ ‘e comme stévemo c’’a capa”.

A Telese già avevamo difficoltà a trovare posti a sedere, poi c’erano le fermate di Solopaca, S.Lorenzo Maggiore, Ponte e Vitulano. In pratica quando arrivavamo a Vitulano stavamo così stretti che sembravamo delle sardine in scatola. Per la verità avevamo fatto presente diverse volte ai capotreni di turno queste deficienze tramite il nostro portavoce ufficiale, Nicola Sparano “ ‘o pistolero”; ma a loro, secondo il costume di quei tempi, “ ‘a na’ recchia lle traseva e ‘a chell’ata ll’asceva”.

Quella mattina l’atmosfera, oltre ad essere umida, era anche elettrica poiché il giorno prima avevamo concordato di organizzare una protesta per ottenere più carrozze : avevamo deciso di fermare il treno per mezz’ora mettendoci tutti davanti al locomotore.

Quando arrivò il treno ci accorgemmo, purtroppo, che uno dei principali organizzatori, Aldo Cucciniello, non era arrivato; salimmo in treno con l’idea di rimandare la protesta al giorno dopo. Ma mentre si stava per chiudere l’ultima porta vedemmo arrivare Aldo che, secondo il suo costume, “era ll’ùrdemo a saglì e ‘o primmo a scénnere”.

Subito riunione del comitato e decisione unanime ” a Sulupaca se scenne!”.

E così fu. A Solopaca scendemmo dal treno e ci andammo a posizionare davanti al locomotore. Per dire tutta la verità, non furono molti i telesini che aderirono all’iniziativa; trovammo invece un valido sostegno negli amici studenti di Solopaca che parteciparono praticamente in massa. In tutto eravamo una trentina di giovani.

Quelli che ricordiamo con certezza sono: oltre a me, Aldo Cucciniello, Nicola Sparano, il compianto Augusto Di Carlo, Mimmo Tammaro, un certo Cesare di Dugenta e mio cugino Nino Affinito; ma forse c’erano anche Pasquale Ricci, Giacinto Carlone, Antonio Fucci, Amedeo Uccellini e, naturalmente, gli amici di Solopaca.

Ma sicuramente c’erano altri ragazzi, anche di Telese, e ci farebbe veramente piacere se qualcuno, riconoscendosi tra gli interpreti di questo racconto, scrivesse a Vivitelese dicendo: c’ero anch’io. Una volta davanti al treno, assumemmo delle posizioni strategiche: Aldo si sdraiò sui binari, Nicola, “ca purtava ‘e llente, nu’ cappiello ‘e pelle e n’impermeabbile marrò, passaje tutto ‘o tiempo a s’appiccecà c’’o caputreno e cu’ ‘o capostazzione ‘e Sulupaca” coadiuvato a dovere da Augusto che, per l’occasione, tirò fuori una combattività imprevedibile in un ragazzo gentile e garbato come era lui.

Per quanto mi riguarda, “pè sta cchiù còmmeto, me purtaje appriésso ‘a catastella ‘e libbre, ‘a mettette ncopp’’o binario e me ce assettaje ncoppa… Me pareva nu’ posto e primma fila; e ntanto ‘ncapa a me penzavo: sta facenna fernisce nfiéto!

Ad un certo punto il capotreno ed il capostazione di Solopaca tentarono di trascinare Aldo fuori dai binari; “cchiù lloro tiraveno e cchiù Aldo se faceva pesante. All’intrasatte s’aizaje e accuminciaje ‘alluccà”, spalleggiato da Nicola ed Augusto: – Noi da qui non ci muoviamo!; Siamo stanchi di essere trattati come bestie!; Abbiamo rappresentato le nostre esigenze al capotreno più volte, ma “manco p’’a capa!”

E mentre alluccava, s’accurgette ch’’a ‘nnammurata ‘o guardava d’’o finestrino; e cchiù ‘a ‘nnammurata ‘o guardava, e cchiù isso alluccava.

I’ assettato ncopp’’o binario continuavo a penzà: sta facenna fernisce nfiéto!”

La baldanza si sa, è giovane. Essa a volte esplode improvvisa ed imperiosa senza che ce se ne renda conto. Quella fredda ed umida mattina d’inverno del 1963, una trentina di giovani baldanzosi della valle telesina, contrariati dalle precarie condizioni in cui erano costretti a viaggiare per raggiungere la scuola e umiliati dal disinteresse degli organi competenti, inscenarono una protesta che rimbalzò su tutti i giornali del Sannio e s’impose all’attenzione della collettività come la prima protesta in Italia nel suo genere. Una anticipazione dei moti politici-studenteschi del 68.

NOTA: dopo la protesta aggiunsero due carrozze, ma dopo poche settimane le tolsero di nuovo.

*Nella foto, la stazione di Solopaca

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